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UN CONDENSATORE VARIABILE “A CASSETTO”

di Gabriele Monti

 

Come realizzare un buon variabile di sintonia con le piastre in vetronite ramata da circuito stampato

 

La buona riuscita nella realizzazione di un ricevitore (qualunque sia la configurazione impiegata), dipende in maniera rilevante dalla qualità e dall’adeguatezza nel valore, del condensatore variabile. Anche se, indubbiamente, il costante sviluppo del mercato del “surplus” mette a disposizione dell’autocostruttore una vasta gamma di componenti nuovi ed usati, a volte il reperimento di tale componente non risulta del tutto agevole.

Per risolvere il problema, ho ideato questo metodo costruttivo (che ho battezzato “a cassetto” per analogia nella geometria del suo movimento) il cui principio di funzionamento prende spunto dall’analisi di un difetto riscontrato in alcune mie passate realizzazioni elettroniche: ovvero le capacità parassite introdotte dalle piste dei circuiti stampati.

 

Figura 1

La struttura

Il componente descritto in queste pagine è un condensatore variabile a due sezioni a dielettrico solido con movimento lineare, realizzato in vetronite ramata (quella per i circuiti stampati).

La costruzione, completamente autoportante,  è da considerarsi relativamente semplice, se si esclude l’intrinseca robustezza del materiale che ne rende abbastanza impegnativo il taglio, e la resa finale delle piastre è soddisfacentemente alta (circa 0,018 pF al mmq utilizzando lastre dallo spessore medio di 1,5 mm).

 

Materiale occorrente

Tre piastre in vetronite ramata di uguale dimensione (che va scelta in base alla capacità desiderata) delle quali: due monofaccia ed una a doppia faccia (è consigliabile, per una maggiore precisione di sintonia, usare delle lastre strette e lunghe). Per la chiusura, servono inoltre sei bulloni completi (vite, dado ed, eventualmente, rondelle) diametro 3 mm e di lunghezza adeguata.

 

Figura 2

 

Realizzazione

Impilare le tre piastre, facendone coincidere i bordi, nell’ordine che segue (dal basso verso l’alto): prima una monofaccia con il rame rivolto in basso, poi la lastra a doppia faccia, ed in fine l’altra monofaccia con il rame rivolto verso l’alto.

Vanno quindi praticati sei fori dal diametro di 3 mm arretrati di circa 5-6 mm dai bordi, disponendone quattro agli angoli, e due a metà dei lati più lunghi.

Scomporre la pila e tagliare dalla piastra a doppia faccia i lati contenenti i fori ottenendo così due bandelle della larghezza di 15 mm ciascuna.

I bordi di taglio ottenuti dalla precedente operazione, vanno ora leggermente “scampanati” con una lima in modo che, riaccostando le parti recise, il rame delle strisce non vada a contatto con quello della parte centrale. Lo stesso dicasi per tutti i fori precedentemente praticati, affinché il rame di nessuna piastra faccia contatto sulle viti.

Per concludere, riassemblare la pila originaria rispettando le posizioni di ogni elemento, come se i tagli non fossero mai stati eseguiti, e fissare il tutto introducendo i sei bulloncini nei fori.

I fili per il collegamento elettrico possono essere saldati a stagno direttamente sulle ramature, tenendo presente che ognuna delle due facce esterne rappresenta una sezione del condensatore, mentre le due del “cassetto” centrale (che vanno collegate in parallelo), costituiscono  il nucleo mobile comune.

La struttura completa è raffigurata in “esploso” nella figura 1.

 

Utilizzo, calcolo approssimativo della capacità, e possibili modifiche

La variazione della capacità si effettua inserendo ed estraendo la striscia centrale dal corpo del condensatore. Per rendere l’operazione più agevole, in figura 2 propongo uno dei possibili meccanismi di pilotaggio applicabili al componente.

La capacità massima ottenibile da questa configurazione, dipende dalla dimensione utile della piastra mobile (cioè la dimensione totale meno la parte che non può essere inserita a causa dell’ingombro della saldatura del terminale), e si calcola (in pF) moltiplicando i mmq ottenuti per 0,018.

Se si volesse intervenire riducendo le singole capacità delle due sezioni, si potranno asportare alcune porzioni di rame dalle piastre esterne corrodendo simmetricamente due fasce lungo i lati delle viti.

E’ importante sottolineare che il sottile strato di rame è facilmente soggetto ad ossidazione: conviene quindi evitare il contatto con l’umidità delle mani durante la lavorazione.

Per proteggerlo dagli agenti atmosferici, conviene alla fine, pulire accuratamente le superfici con alcool e stendere sopra un leggero strato di vaselina.